La genetica dell’attitudine casearia

Che cosa realmente influenza l’attitudine casearia dal punto di vista della genetica?

Già negli anni ‘60, la corsa per capire che cosa realmente influenzasse l’attitudine casearia ha mosso la curiosità scientifica di diversi ricercatori, al fine di dare una risposta definitiva a questa domanda.
Prima dell’avvento della genomica, gli addetti ai lavori hanno concentrato tutte le energie per studiare la correlazione tra attitudine casearia e caseine contenute nel latte, credendo che queste fossero le uniche componenti che potessero influenzare la caseificazione. Con l’intervento della genomica, però, la salda convinzione che tutto dipendesse esclusivamente dalla qualità proteica del latte è stata messa in forte discussione, anche se già diversi studi riguardo la genetica dell’attitudine casearia avevano messo in luce questo aspetto.

Attitudine casearia e le K-caseine

A differenza delle altre caseine, la variante K è idrofoba, caratteristica che permette di stabilizzare le altre caseine. Nel momento in cui questa perde la sua capacità idrofoba, viene permesso l’aggregarsi delle sub-micelle e si origina la cagliata.

La K-caseina si presenta sotto diverse varianti alleliche: nelle razze a maggiore diffusione, A e B si trovano con maggiore frequenza. Queste sono seguite dalla variante E, scoperta solo negli ultimi anni e che prima veniva identificata come K-caseina A. Infatti, le varianti A e E si distinguono solo per un amminoacido e i test inizialmente in commercio non erano sensibili a questa differenza. Negli anni, poi, sono state scoperte nuove varianti come la K-caseina I, ma che nelle razze da latte più comuni ha un’incidenza irrilevante.
Già dai primi studi è emerso che la variante BB della K-caseina è correlata a migliori capacità di coagulazione del latte, rispetto alle altre varianti alleliche, come mostrato in tabella.

Nel 2008, il prof. Martino Cassandro dell’Università di Padova, nell’ambito del progetto BullAbility, ha messo in luce che il latte classificato come LDG A (il migliore per attitudine casearia secondo il metodo analitico con lattodinamografo) per ogni tipologia di K-caseina era del 68% sul totale per la variante BB, del 62% per il latte K-AB e del 53% per il latte K-AA.

Questo significa che la K-caseina spiega solo in parte una migliore attitudine casearia: il 32% del latte K-BB, infatti, risulta avere un profilo lattodinamografico non ottimale!

Attitudine casearia e le Beta-caseine

Un’altra delle componenti caseiniche del latte è la Beta-Caseina, che rappresenta circa il 36% della caseina totale. Le varianti genetiche della Beta-Caseina sono 13, ma solo 2 prevalgono nelle razze maggiormente allevate, dette A1 e A2, seguite poi dal tipo B. Queste possono dare vita a diverse combinazioni, quali: A1A1, A1A2, A2A2, A1B e A2B. A fare la differenza tra A1, A2 e B sono delle piccole variazioni a livello di amminoacidi che, seppur senza prove scientifiche validate, vengono arbitrariamente correlate ad una maggiore o minore digeribilità del latte.

Per quanto riguarda l’influenza delle Beta-caseine sul latte, secondo Comin et al., in uno studio del 2008, questa categoria di caseine è correlata con la quantità di latte e di proteina prodotti. Gli autori, inoltre, evidenziano che alcuni alleli della Beta-caseina sono associati a determinati alleli per la K-caseina e questa associazione crea una particolare sinergia in grado di influire sull’attitudine casearia, aspetto evidenziato anche da Parna et al. (2012).

Lo studio dell’interazione tra Beta- e K-caseina ha dato interessanti riscontri. Infatti, la miglior combinazione di B- e K-Caseina per l’attitudine casearia non è quella che ci si aspetterebbe dalle tendenze commerciali degli ultimi anni (A2A2 e K-BB) ma, secondo Comin et al., sarebbe quella che comprende l’allele B in entrambe le varianti, dunque: A1B-AB, A2B-BB e A2B-AB, come mostrato in tabella.

La pubblicazione di Comin et al., afferma inoltre che la combinazione A1A2-BB ha un effetto migliore sull’attitudine casearia, rispetto alla variante A2A2-BB. Interpretando questi dati, possiamo supporre che la variante Beta-caseina A1A2 sia più favorevole alla caseificazione, rispetto alla variante A2A2. Aspetto messo nuovamente in evidenza anche da Parna et al. negli anni successivi: non vige, dunque, nessuna correlazione esclusiva che lega Beta-caseina A2A2 e attitudine casearia.

Attitudine casearia e le B-lattoglobuline

Con lo studio di Comin et al. era dunque emerso per la prima volta che Beta e K-Caseine interagiscono tra loro diversamente da come si è abituati a pensare, complici anche le tendenze commerciali degli ultimi anni. Questo lavoro di ricerca ha potuto dare una risposta alle domande che già nel 1990 Aleandri et al. si erano posti, riguardo le interazioni tra proteine e resa casearia. In quell’occasione era stato evidenziato come l’associazione K-Caseina BB e Beta-Lattoglobulina BB influisse positivamente sulla resa casearia, attribuibile ad una maggiore percentuale di grasso e proteina nel latte utile al processo di caseificazione.

Le caseine non sono tutto!

Alla luce di queste riflessioni, selezionare in funzione di pochi caratteri, quali le varianti genetiche delle caseine, si è dimostrato in parte corretto ma assolutamente riduttivo, perché non sono gli unici fattori strettamente correlati con l’attitudine casearia del latte.
Con l’intervento della genomica e gli studi in materia, il lavoro di Viale et al. ha significato per il mondo scientifico un primo step verso la comprensione dei molteplici fattori che influiscono sulle capacità di coagulazione ed è stato proposto, per la prima volta nel mondo della Frisona, come un modello più completo per la preselezione dei candidati riproduttori in funzione dell’attitudine casearia. Infatti, è stato dimostrato che non sono solo le caseine a concorrere nel processo di caseificazione, ma anche altri caratteri come le percentuali di grasso e la consistenza del coagulo.

Bibliografia

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